martedì 14 ottobre 2008

FABIO M O S C E L L I


Vorrei pubblicare questo post per Fabio Moscelli, anche come auspicio perchè si "sblocchi" e segni il suo primo gol in campionato(dopo averci deliziato nel precampionato ed in Coppa Italia). E' un vecchio articolo (è tratto dalla Gazzetta dello Sport) che lo riguarda, quando,nell'ormai lontano 1998, emergeva a livello nazionale come giovane bomber del Treviso, allora in vetta al campionato di serie B. Non frappongo altre parole e ve lo propongo cosi come è stato scritto dieci anni fà: buona lettura!
Fabio Moscelli e i suoi fratelli. Insieme, a Bari, felicemente abbracciati, in una favola dal sapore antico. Una madre e 15 figli si godono il momento d'oro dell'ex bambino terribile, in casa soprannominato "Speedy Gonzales" e "Ciao Crem", ora salito sul palcoscenico del calcio professionistico. Fabio, 22 anni, barese doc, attaccante del Treviso, ha esordito in serie B domenica 11 ottobre, contro la Cremonese, segnando il gol del 3 - 1 per la formazione di Bellotto. "Quella rete e' dedicata a mio padre, morto poco piu' di un mese fa - dice Moscelli -. Lui aveva sempre sognato il mio debutto nel calcio che conta. Nato nella societa' giovanile "Minafra" e cresciuto poi nel Bari, a 18 anni sono stato bocciato, abbandonato, senza neppure una spiegazione, dal club di Matarrese. Forse avevo la colpa di aver segnato piu' di 100 gol - addirittura 23 nell'ultimo torneo Berretti - nei cinque anni trascorsi nel settore giovanile biancorosso. Chissa' se Generoso e Sciannimanico, responsabile del vivaio e tecnico della Primavera del Bari, avranno avuto almeno un sussulto, vedendomi giocare nel Treviso. Escluso dal Bari, nel '94 ricominciai dal campionato Eccellenza, nel Bitonto, dove segnai 23 reti: poi ad Altamura, saltando dal campionato nazionale Dilettanti alla serie C2, per complessivi 26 gol, e l'anno scorso a Ciro' Marina, 17 reti in 22 incontri disputati di nuovo tra i dilettanti. E ora sono in serie B con il Treviso: sono gia' diventato famoso, ma soltanto perche' ho 14 fratelli. Domenica, per venire ad assistere alla partita a Napoli, i miei parenti si sono spostati con 5 automobili. E io ho dovuto procurare 23 biglietti d'ingresso per lo stadio". Da Lucrezia, 45 anni, la piu' grande, a Valeria, diciottenne, che chiude la pattuglia dei Moscelli, 9 donne e 6 uomini, passando attraverso Liliana, Paolo, Arturo, Nella, Leo, Pierino, Angela, Michela, Anna, Romina, Stefania, Daniele e, appunto, Fabio, il penultimo. Per festeggiarlo, lunedi' scorso, dopo la partita giocata a Napoli, nell'abitazione dei genitori, in un condominio di via Sagarrigo Visconti, nel quartiere Liberta', la piccola tribu' si e' stretta attorno a mamma Teresa, 64 anni, casalinga, che, con il marito Francesco, morto il 7 settembre scorso, ha avuto la forza di tirar su una famiglia cosi' numerosa. "Oltre ai 15 figli, ci sono generi, nuore, 23 nipoti e tanti parenti acquisiti - racconta la signora Teresa -. Ormai fissiamo i turni, perche' questa casa non contiene tanta gente. Per esempio, a Natale invito un gruppo di figli e nipoti, a Capodanno tocca agli altri". Con mamma Teresa, continuano a vivere Anna, Daniele, Fabio e Valeria: nella camera da letto dei ragazzi, i muri sono diventati un coloratissimo collage di foto e articoli dell'attaccante barese. Nella famiglia Moscelli lo sport e' sempre stato di casa. Da giovane, papa' Francesco fu un discreto pugile a livello dilettantistico: poi, lavorando come custode al circolo tennistico dell'"Angiulli", mise la racchetta in mano ai figli Paolo (oggi affermato maestro al Circolo tennis Bitonto), Pierino e Arturo (arrivato alla classifica di "terza" categoria), un colosso che si dedico' pure al judo, raggiungendo la finale del campionato italiano, prima di subire una squalifica a vita. Il maestro Paolo, 43 anni, ricorda i "litigi" tra il fratello Fabio e la racchetta da tennis: "Provo' anche lui su un campo in terra rossa, ma non riusciva a coordinare i movimenti. A volte, l'istinto lo portava a colpire la pallina con i piedi". Con lo sguardo, Fabio passa in rassegna i fratelli, poi si blocca sul cognato Luigi Caccavale, marito di Angela. "Sta vincendo la sua scommessa, puntava sulla mia realizzazione come calciatore - fa notare Moscelli -. Mi ha seguito, per me ha percorso quasi 50.000 chilometri in auto, in tutta Italia: sempre accanto a me, sin da quando mi illudevo, quando giocavo le amichevoli contro la prima squadra del Bari, quando giocavo tra le riserve, accanto al mio idolo Joao Paulo - che in quei giorni stava riprendendosi dopo l'infortunio al ginocchio. Gigi ha sistemato alcuni miei fratelli, nell'impresa paterna: operano nell'edilizia funeraria, si' lavorano nel settore delle pompe funebri e Pierino fa il custode nel cimitero di Palese. Certo, se dovessi fallire nel pallone, Gigi troverebbe un posto anche per me".
(Giuseppe Calvi. Da la "Gazzetta dello Sport , del 22 ottobre 1998)